Cenni storici
Nel 1377 il Beato Pietro Gambacorta giunse a Montebello, piccolo e alto colle noto all’epoca con il nome di Monte Brardo, così chiamato dagli abitanti dei villaggi circostanti. Abbiamo una preziosa testimonianza del suo arrivo da Padre Bernardino Pucci, priore del monastero di Montebello, che fu eletto tre volte tra il 1638 e il 1655.
Secondo quanto scrive il priore, Pietro si inoltrò fino alla sommità del colle e, volgendo lo sguardo verso nord, individuò un luogo non lontano, a breve distanza: “non più lungi che due tiri di mano”. Qui si fermò. Avvertì, racconta Padre Pucci, come se lo Spirito gli stesse indicando quel punto per stabilirsi. E Pietro, in segno di obbedienza, pronunciò le parole del Salmo: “Perfice gressus meos in semitis tuis, ut non moveantur vestigia mea” – “Rendi saldi i miei passi sulle tue vie, perché i miei piedi non vacillino”. Fu così che il suo viaggio terminò proprio in quel luogo che oggi chiamiamo Montebello.
Il colle che lo accolse, secondo la descrizione del priore, era coperto di alberi, ma tutt'altro che sterile: vi si coltivava un grano eccellente, abbondavano i pascoli e si produceva un formaggio di grande qualità. Sul versante più scosceso correva una strada carrozzabile, tanto utile che anche Federico, Duca di Urbino, vi fece passare i carri con il legname per la costruzione della sua celebre corte, adattando perfino le stalle del convento per accogliere gli animali da traino.
Alle pendici del colle si estendevano amene ville e dolci colline, e tra sud-est e oriente si apriva un’ampia pianura, ricca di querce, noci, castagni e cipressi. Fu lì che Pietro si stabilì, e in quel luogo diede inizio a una nuova forma di vita, segnando con la sua presenza il destino spirituale di Montebello.
L’esposizione delle attrezzature agricole rappresenta non solo un omaggio a una grande civiltà, ma anche un auspicio affinché essa non scompaia. Gli aratri in legno, i telai per la lana, il cotone e la seta, le pietre scolpite per macinare il grano o stendere i bachi da seta, i ventilabri per vagliare le sementi, la pialla monumentale per costruire tini e botti: ogni oggetto racconta di un tempo in cui le famiglie erano autosufficienti.
Si producevano e si lavoravano in casa canapa, lana, seta; si seminava il grano e lo si trasformava in pane; dal legno del bosco si creavano sedie, botti, utensili. Ogni attività era espressione concreta di saperi tramandati e radicati nella terra.